L’Anomalia immunitaria: Il pool genetico corrotto e la crisi autoimmune
Il sequenziamento del genoma dei Neanderthal (progetto guidato da Svante Pääbo) ha confermato che l’attuale popolazione Homo sapiens porta in sé la firma di eventi di introgressione arcaica, ovvero incroci avvenuti con specie ominidi ormai estinte. Dunque, evidenze dell’ibridazione umana. Il mondo accademico interpreta questo fenomeno come un banale trampolino evolutivo, un “benefico” scambio genico che avrebbe fornito al Sapiens moderni vantaggi adattativi (come la resistenza a nuovi patogeni o l’adattamento a climi freddi). La prospettiva dominante è che i vari tipi di Homo fossero sub-specie, e l’ibridazione fosse un normale processo di anagenesi evolutiva.
La protologia, tuttavia, solleva un interrogativo inquietante: se l’ibridazione in natura fra sottospecie non rappresenta un grave problema, perché l’ibridazione umana tra sottospecie profondamente diverse e meno evolute rispetto al sapiens è stata, invece, presentata come l’unica eccezione che ci ha inspiegabilmente rafforzato? Siamo di fronte a una fortunata anomalia, o a una caduta ontologica il cui segno è impresso nel nostro stesso DNA? Se fosse avvenuta un’ibriazione tra specie diverse in un modo unico e irripetibile, molte cose che riguardano la natura umana troverebbero un senso.